Definizione di Disabilità e cambiamento nel tempo
La disabilità è una condizione
biologica, sociale ed esistenziale che è sempre esistita nella storia
dell’umanità. Le cause della disabilità nelle diverse epoche sono assai varie:
malattie, errori genetici, infezioni, infortuni, incidenti, scontri, guerre,
punizioni, torture, autolesioni.
Si è sempre cercato di
capire, spiegare, interpretare e dare un senso alla disabilità e alla presenza
dei disabili. Si è anche cercato di dare un posto nella società a queste
persone che purtroppo non sono mai state trattate sempre allo stesso modo nelle
diverse epoche; si sono susseguiti differenti pregiudizi e forme di
stigmatizzazione.
È difficile reperire
documentazioni con la ricostruzione delle vicende dei singoli disabili, ci si è
basati su documenti che non sono stati scritti da loro stessi bensì dal centro
dalle istituzioni, enti, tribunali religiosi o civili ecc.
Ci si è occupati poco
della disabilità sotto una prospettiva storica e questo non solo con la
scusante della mancanza di documentazione ma perché, sotto il profilo storico,
la disabilità non è un tema che interessa. In Italia è un tema ancora percepito
solo sul piano del dramma personale di chi la vive oppure sul piano
socio-assistenziale. Il tema resta fuori dai normali ambiti del sapere. Questo
vuoto è rappresentativo del tabù socio-culturale che rappresenta ancora oggi la
disabilità nella società. Il tema è stato affrontato soprattutto dai diretti
interessati, dai parenti o dagli addetti ai lavori. I primi studi sulla
disabilità sono emersi solo in seguito ai movimenti delle persone con
disabilità degli anni 70. Sono studi avviati da disabili per rivendicare i loro
diritti, la loro identità e per comprendere le dinamiche e l’impatto
dell’esclusione. Da allora questi studi si sono diffusi e sono divenuti uno
strumento politico-culturale del movimento per rivendicare i diritti della
persona disabile. È grazie a questi movimenti che si è diffuso un nuovo
paradigma d’inquadramento della disabilità “il modello sociale” che andrà a
sostituire progressivamente quello medico/biologico.
Secondo i sostenitori del
modello sociale, la disabilità è soprattutto una condizione sociale e non
fisica/biologica. È la società che negando le istanze e i diritti ai disabili
crea la disabilità stessa.
La grande guerra
sconvolse l’idea di disabilità. Il numero dei disabili fisici o psichici fu
elevatissimo. La guerra aveva prodotto un collettivo senso di vulnerabilità.
Nel 1917 nacque a Milano l’associazione nazionale mutilati e invalidi di
guerra. Alla fine del conflitto ci saranno in Italia circa 400.000 persone con
menomazioni fisiche invalidanti e oltre 14.000 titolari di pensione di
invalidità per cause di servizio prestato all’esercito italiano. Mentre in
Europa e in Italia il tema della disabilità cominciava ad essere trattato
all’interno di alcune forme di previdenza, nella Germania nazista l’intero
programmatico era ben altro: era procedere a una progressiva e radicale
eliminazione della disabilità e dei suoi portatori dalla popolazione tedesca,
ricorrendo a differenti procedure come la sterilizzazione, le operazioni di
eutanasia dei soggetti indegni di vivere, per esempio la soppressione di
bambini in ospedali specializzati o nei campi di sterminio.
Nel secondo 900 l’impatto
della disabilità sulla società si è completamente trasformato. A cambiare lo
scenario hanno contribuito i progressi della scienza e della medicina: la
possibilità di individuare la disabilità in fase prenatale, la scomparsa di
alcune patologie invalidanti, interventi chirurgici, farmaci, terapie. Nel 1992
entro in vigore la legge 104 che riorganizzo complessivamente la questione
della disabilità. La legge voleva puntare sulla promozione dell’autonomia e la
realizzazione dell’integrazione sociale ponendosi alcuni obiettivi precisi: lo
sviluppo della ricerca scientifica, genetica, biomedica, psicopedagogica,
sociale e tecnologica; sostegno e collaborazione con la famiglia della persona
con disabilità; prevenzione primaria e secondaria in tutte le fasi di
maturazione; adeguato sostegno psicologico e psicoterapico.
La nuova legge pose al
centro la persona considerandola nel suo sviluppo unitario dalla nascita, alla
presenza in famiglia, alla scuola, al lavoro e al tempo libero. La legge puntò
molto anche sul possibile inserimento lavorativo delle persone disabili
attraverso strumenti tecnici e di supporto, e con l’eliminazione degli
impedimenti ambientali e relazionali. Nel 2000 fu poi emanata la carta dei
diritti fondamentali dell’U.E. che all’articolo 21 affermò il divieto di varie
forme di discriminazione tra cui gli handicap.
Commenti
Si sente spesso dire che una volta tutti questi disabili non c’erano, omettendo che si arrivava ad eliminare queste persone, senza pensarci.