Abilismo: cos'è?

  


                                                 
 Penso che talvolta i veri limiti esistano in chi ci guarda. 

                                                                        Candido Cannavò, E li chiamano disabili, 2005

 




Con il termine “ abilismo” ci si riferisce all’atteggiamento discriminatorio nei confronti delle persone con disabilità, giustificato dalla presenza di limitazioni fisiche o mentali che portano a trattamenti differenti, di svalutazione o esclusione. 


Questo termine, che ha iniziato a diffondersi a partire dagli anni ‘80 soprattutto tra Stati Uniti e Inghilterra, fatica a trovare la sua giusta collocazione insieme a molti altri “-ismi”. Se infatti concetti come razzismo, sessismo e femminismo fanno parte del nostro patrimonio culturale comune e riescono a mobilitare l’opinione pubblica rispetto a discriminazioni che colpiscono determinati gruppi di persone, l’abilismo è relegato ai margini di un dibattito per addetti ai lavori e fatica ad accostarsi agli altri temi. Questo perché, culturalmente, mentre è sempre più assodato che discriminare qualcuno per il colore della pelle o per il suo orientamento sessuale sia sbagliato e profondamente lesivo della sua dignità, riconoscere che una persona venga svalutata o emarginata in quanto persona con disabilità non è così automatico. Stupirsi perché una persona con disabilità studia, magari ha un diploma o una laurea, ad esempio, è un comportamento abilista nato dal presupposto che la disabilità di per sé privi della possibilità di raggiungere determinati risultati. 
Essere persone con disabilità, secondo la visione abilista, è di per se una tale tragedia che qualsiasi azione quotidiana si compia, eclatante o meno, è fonte di esaltazione o stupore. Esistono forme più o meno marcate di abilismo, alcune più evidenti come la mancanza di accesso a luoghi o spazi dovuta alle barriere architettoniche, la segregazione in strutture. 

Ma la forma più strisciante e quotidiana di abilismo è quella legata alla svalutazione, al paternalismo, alla minimizzazione dei bisogni delle persone con disabilità. Tutte forme messe in atto anche da familiari, care giver, medici e operatori che più o meno consapevolmente riversano sulle persone disabili una visione che risente di una cultura ancora troppo improntata alla valutazione del prossimo in base alle abilità fisiche o mentali. 



Dall’articolo di Francesca Arcadu

https://www.uildm.org/sites/default/files/DM/200/dm200_web_panorama.pdf


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